Continua il fervente dibattito sull’imminente scadenza della legge sulle quote di genere nei Cda: in un articolo apparso ieri sul Corriere della Sera, Roger Abravanel sostiene che il nocciolo della questione non dovrebbe essere il rinnovo della legge tout court. E avanza un’altra proposta. Perché è ora di puntare più in alto: l’obiettivo sarà avere più donne nel top management, ma una nuova norma non è necessaria.
L’appello per rinnovare la legge Golfo-Mosca viene da molti leader di azienda, come la presidente dell’Enel Patrizia Grieco e Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo. D’altronde, gli ottimi risultati ottenuti grazie alla legge sono indubbio. Le quote di genere sono state introdotte in modo un po’ forzato, con un’azione positiva: è importante avere più donne nelle posizioni di vertice delle aziende, non solo per maggior giustizia sociale ma perché più leadership femminile fa bene alle aziende. In gran parte grazie a questa legge, in 10 anni le donne nei Cda italiani sono cresciute al 30%.
Ma non è successa una cosa molto importante: non sono aumentate le donne Ad nelle aziende quotate italiane (praticamente non ce ne sono) diversamente dalle multinazionali e dalle loro filiali (vedi Silvia Candiani, Ad di Microsoft Italia e Belen Frau Ad di Ikea Italia). Un’azienda seria sulla parità di genere deve proporre le quote non solo nel suo Cda ma anche nel top management. Per questo, sostiene l’autore, rinnovare così come è la legge per le quote di genere non sarebbe efficace.
La proposta
Oggi è necessario un altro tipo di azione positiva, sostiene Abravanel. I comitati nomine e risorse umane dei Cda devono avviare un processo per aumentare le donne a tutti i livelli apicali del management e non solo nelle funzioni di supporto. Non ritiene necessaria una nuova legge, basterebbe, ad esempio, che il codice di autodisciplina delle società quotate richieda che le amministratrici dei Cda si facciano promotrici di un programma di quote di genere per top management come parte essenziale dei piani di successione a medio termine, magari con la formula di «comply or explain» («avvio il programma e se no devo spiegare perché»).
Non ci sono ragioni per cui anche in Italia non dovremmo riuscire ad avere donne al top delle aziende. Il rinnovo della legge non è il vero problema. «O l’iniziativa per avere più donne al vertice viene avviata seriamente o sarà giusto eliminare le quote di genere per legge perché saranno servite solo a portare qualche poltrona in più e comunque oggi di donne nei Cda ce ne sono a sufficienza» conclude Abravanel.