Una donna al timone: “In barca il genere non esiste”

Carolijn Brouwer, è nel team olandese in Coppa America, la prima donna al timone in questa competizione in 168 anni. “Mai donne in barca” è uno degli stereotipi marinari più duri a morire, ma la 45enne di Leiden, con il sogno di diventare la prima timoniera in Coppa America, non si fa condizionare. Il record si materializzerà in Nuova Zelanda nel 2021, quando il team The Netherlands, skipper Simeon Tienpont, potrebbe sfidare i neozelandesi detentori della brocca e il challenger of records Luna Rossa con una velista, la prima in Coppa America, al timone.

 

La pioniera

«Su una barca da regata non ci sono né uomini né donne, ma solo marinai – è il credo di Carolijn -. Per me la vela è sinonimo di libertà: non esistono questioni di genere in equipaggio. Esistono bravi velisti e mediocri velisti. Stop». Bellissime parole. Però in 168 anni di storia del trofeo dello sport più antico del mondo, le donne in America’s Cup si contano sulle dita di una mano  (e mai alla ruota, il ruolo più prestigioso e di responsabilità): l’americana Dawn Riley, drizzista su America 3 e la neozelandese Leslie Egnot, al comando di Mighty Mary, ciurma quasi interamente femminile.

 

Una scelta di peso

Con un curriculum velico di tutto rispetto alle spalle, reduce dal trionfale giro del mondo 2017-2018 sullo scafo cinese Dongfeng in un’edizione della Volvo Race che aveva imposto le quote rosa a bordo (Carolijn era trimmer), la Brouwer al timone della barca olandese è una scelta più di peso che di marketing. Due volte il titolo di miglior velista (maschi e femmine) dell’anno. La signora Brouwer sa come si va a vela e gode di stima in tutto l’ambiente.«È una donna che ha sempre lottato per ottenere ciò che vuole, a costo di mettere da parte la vita privata» racconta Francesca Clapcich, triestina, una collega che conosce bene l’olandese per averci regatato contro nell’ultima Volvo Race.

 

Una strada aperta

«Adoro la vela e le nuove sfide: non c’è nessuna esperienza che ti porta al limite come un giro del mondo di nove mesi, un’avventura estrema da un punto di vista fisico e mentale. Mi servivano nuovi stimoli». Che potrebbero spalancare una strada a molte. «Con lo sbarco di Carolijn in Coppa America si apre uno spiraglio. I team misti potrebbero diventare una realtà come nella Volvo Race – dice la Clapcich -. Certo con i ruoli di forza, tipo il grinder, noi non possiamo competere però nelle posizioni tecniche una donna è un bel vantaggio. Ma la Coppa America rimane un ambiente chiuso.  E la mia sensazione è che in Italia non si smuova niente e che all’estero siano sempre un passo avanti a noi.

Un po’ di apertura mentale in più non guasterebbe. Non è difficile capire che una donna a bordo, se brava e nel ruolo giusto, è un valore aggiunto».

Articoli correlati